“L’attesa del piacere è essa stessa il piacere” ma, devo ammettere caro Lessing, che questa volta non è esattamente così.
L’attesa che genera attesa, l’attesa che batte sull’orologio della speranza e sembra non passare mai; un unico vortice che continua a girare da un anno e mezzo, in cui tutto fluttua, si muove ma, fondamentalmente, attende.
L’attesa, dunque, è il perno attorno al quale si compone l’idea di Gherardo Felloni (direttore artistico di Roger Vivier dal 2018) per il lancio della nuova collezione autunno-inverno 2021-2022 Roger Vivier.
Dall’attesa si genera attesa e si genera provocazione, un messaggio chiaro e conciso sulla situazione attuale che tutto il mondo purtroppo sta vivendo. Felloni, in questo, vuole essere ironico, pungente ed estremamente concreto, con una punta di provocazione, ahimè, necessaria.
“Do we show?” è il titolo del corto ed è di per sé una provocazione a tutto tondo. Una domanda retorica, diremmo, poiché siamo consapevoli di come anche il mondo della moda e degli eventi sia bloccato a causa della pandemia. Perciò no, non si sfila, non si assiste a nessuno spettacolo, non si vede il pubblico e non si può fare il pubblico: si attende.
Questo lento attendere ce lo raccontano le protagoniste del video, attraverso una trasposizione passata sul tempo presente, in una strana sensazione di inquietudine e di fascino insieme che è difficile descrivere.
Felloni ha riportato tra noi cinque donne e icone di stile del passato, nonché estimatrici del meraviglioso mondo di Roger Vivier: Joséphine Baker, Marlene Dietrich, Marilyn Monroe, Edith Piaf e Grace Kelly.

Immerse in un ambiente onirico ma tremendamente reale, le protagoniste si ritrovano vicine ed entusiaste per l’inizio della sfilata. Già dalla prima panoramica che le ritrae sedute, possiamo scorgere subito alcuni pezzi della collezione Vivier, gli stessi che, minuto dopo minuto, vedremo più nel dettaglio.
Ad ogni modo, l’attesa comincia a farsi molto lunga (passano due ore!) e le donne si ritrovano assopite sulle sedie senza alcun tipo di feedback dal dietro le quinte: l’attesa è la sola e unica vera protagonista e la sfilata non comincerà mai.
Che cosa fare, allora, per “ammazzare il tempo”, che sembra essersi fermato?
Edith Piaf è la prima a decidere di dare una svolta all’attesa, prendendo iniziativa e salendo sul palco per “esibirsi”: se Maometto non va alla montagna è la montagna che va da Maometto, no?
“What am I supposed to do? Sing for no one? Like a radio in an empty bar?” – esordisce Edith, con il suo drink ghiacciato; al tentativo di emettere suoni, però, non esce nulla, se non delle note stridule molto basse, quasi a racchiudere un sentimento “strozzato” e malinconico, oltre che disperato. Sembra quasi che l’”ugola insanguinata del passerotto” (così la definivano) abbia assunto una nuova sfumatura di voce.

A continuare lo “show”, poi, ci pensa Joséphine Baker; vestita con quello che è da sempre stato il suo celebre outfit, sale sul palco ed è proprio lì che, in un volare di secondi, abbiamo modo di scorgere i dettagli delle sue meravigliose calzature (uno zoom non casuale, ovviamente). “Being on stage never scared me […] out there that is frightening, here on stage I can be free” – dichiara sicura e comincia a danzare… but “Where are the cheers? This number usually always works; why is there nothing coming back?”. L’attesa, l’attesa che colpisce ancora, il tempo che si ferma e non ti assicura nulla, non ti rassicura e ti lascia lì, sospeso, ad aspettare.

Ora è il turno di Marilyn Monroe. Il suo stile e il suo portamento sono proprio caratteristici, il suo fascino e la sua estrema eleganza li vediamo camminare su quelle scalette e su quel paio di sandali dorati assai preziosi.
“[…] on stage is not about who you are, it’s about who you want to be and who the people want you to be […]” – così Marilyn sistema i fianchi, le labbra e la voce sensuale, fino a quando le luci smettono di colpirla e lei, in un baleno, perde il controllo della situazione. Anche lei, nella sua perfezione, perde il controllo; un po’ come noi, che nel presente odierno, spesso vacilliamo e tendiamo a perdere noi stessi/e.

A chiudere (per ora) il cerchio di esibizioni è Marlene Dietrich; la sua poesia Ode to the unknown è un messaggio dal cuore che accomuna tutte e cinque le protagoniste ma che, in un certo senso, accomuna anche noi.
“People do miss people… I miss those […]” – così mancano le persone, tutte le persone, da quelle in prima fila a quelle conosciute in giro per la città, in pasticceria o a teatro; è un’ode per noi spettatori, milioni di telespettatori sconosciuti che, però, mancano come ossigeno puro, come battito di vita per coloro che di mestiere fanno arte, moda e spettacolo.

Mancando noi, manca la linfa vitale che regge l’intero sistema; mancando noi loro attendono e in quell’attesa che dura ormai da due anni, scompaiono.
“It’s hard to perform without an audience” – conclude Marlene, per poi lasciare il posto all’ultima candidata per lo show: Grace Kelly.
Signorile e impeccabile Grace sale sul palco (da notare lo zoom su scarpe e borsa, altri pezzi essenziali della collezione) e dà inizio alla sua performance.
“[…] a movie star, Hollywood golden girl, a muse; did u know that Alfred called me his favourite actress? And my God, I was popular, and then through this grand final: royalty. And now my all this entiring role is reduced to this (saluta)…”
“I miss my audience” – conclude la Kelly, aggiudicandosi il ruolo nello show. Tuttavia, al sapere che potrà esibirsi nuovamente ma senza un pubblico reale, anche lei si lascia cadere, ritornando forse indietro nel tempo.
Anche se il presente è intriso di domande, non risposte, attese infinite e sospensione temporale, forse un salto ironico e pungente può solo farci sorridere e sperare che tutto questo, prima o poi, possa finalmente finire.
Felloni ci rende spettatori virtuali di uno show che va in scena per noi, ma che lentamente scompare per loro che lo vivono in prima persona e noi siamo qui, in attesa di una nuova ripartenza, in cui il passato sarà solo passato e in cui, finalmente, accenderemo un fuoco con i ricordi di oggi.
“Non, rien de rien
non, je ne regrette rien
c’est payé, balayé, oublié
je me fous du passé
avec mes souvenirs
j’ai allumé le feu
mes chagrins, mes plaisirs
je n’ai plus besoin d’eux
balayer les amours
avec leurs trémolos
balayer pour toujours
je repars à zéro”