Nikkei è la cucina più “in” degli ultimi anni. Prima una tendenza, poi una vera e propria moda che sembra non cedere di un millimetro nel cuore delle persone, degli amanti, dei clienti in tutto il mondo.
C’è un nome importante all’inizio di questa storia: Kasato Maru. Non si tratta di una persona, ma di una nave ospedale costruita nel 1900 dalla britannica Wigham Richardson e acquistata dalla Dobroflot (flotta militare volontaria dell’Impero Russo). La nave si chiamava inizialmente Kazan e fu utilizzata dai russi durante la guerra Russo/Giapponese del 1904/5. Quando terminarono le ostilità, come risarcimento di guerra, la nave fu ceduta al Giappone, che la nominò Kasato Maru.
La Kasato Maru fu subito ri-adattata dai giapponesi come nave cargo/passeggeri e rimessa in mare, anzi nell’oceano, per trasportare emigranti giapponesi verso il Sud America. C’è quindi anche una data: 18 giugno 1908. Si tratta del giorno in cui, dopo ben 52 giorni dalla partenza da Kobe (Giappone) i primi Giapponesi arrivarono nel porto di Santos (Brasile). Non si trattava dei primi giapponesi in assoluto in Sud America: già nel 1897 arrivarono emigranti dal paese del Sol Levante al Messico.
Nel corso dei secoli è avvenuta una vera e propria diaspora giapponese, non solo verso il Sud America, per i motivi più vari: la parola nikkei deriva da “nikkeijin“, che descrive i giapponesi all’estero e i loro discendenti. Quindi, quella nikkei, è teoricamente la cucina della diaspora giapponese.
Ma furono soprattutto i giapponesi in Brasile e in Perù a dar vita, non senza difficoltà, alla più strabiliante cucina nikkei, al punto che, oggi, con questo termine si indica proprio la cucina di fusione nippo-sudamericana. Va anche detto che in Brasile e Perù sono le due nazioni con il più alto numero di giapponesi emigrati.
La cucina si costruisce così, con l’arrivo di immigrati in luoghi sempre nuovi, l’introduzione e lo scambio di ingredienti, sapori, tecniche.
B.Pradhan, H.Patel, I.Caudillo, Il cibo è una porta d’ingresso, Mad Dispatches, 2018.
Notevole fu il trauma dei primi giapponesi in America del Sud: nel paese del Sol Levante l’uccisione degli animali di grossa taglia era proibita e la loro dieta era basata sul pesce. Nei “nuovi” paesi, invece, sul grasso di maiale.
Impegnati principalmente nelle campagne, lavorando nei campi, non potevano reperire alcun tipo di pesce marino. Ma la necessità, l’impegno, lo slancio verso una nuova vita, diedero piano piano il “la” alla magia: i giapponesi si abituarono al consumo di carne, principalmente pollame e, quasi in cambio, misero il loro ingegno nell’agricoltura, introducendo alcune verdure e frutti del paese di origine. Notevolissima fu poi la loro impronta nel migliorare le tecniche di coltivazione delle piantagioni sudamericane. Iniziarono a provare varianti dei piatti della propria tradizione utilizzando i prodotti locali e il risultato fu quella che, ancora oggi in evoluzione, chiamiamo cucina nikkei.
Badate bene: questa fusione, cucina fusion, non è caos, ma l’unione sapiente di due tradizioni diverse, che si portano appresso tecniche specifiche, una certa manipolazione della materia prima, un gusto estetico diversissimo e perfetto per essere combinato.
Per creare piatti nikkei è importante comprendere sia la cultura culinaria giapponese sia quella sudamericana. Aggiungere salsa di soia e miso a un piatto latino e chiamarlo nikkei è un insulto.
Toshiro Konishi – Chef Nippo-Peruviano: https://en.wikipedia.org/wiki/Toshiro_Konishi
Ed ecco nascere alcuni piatti clamorosi, amati subito praticamente da tutti quelli che li assaggiano:
- Tiraditos e Ceviches
- Zuppe e stufati
- Noodles
- Temaki
- California Roll
- Riso
- Carni
- Sushi
Lentamente, ma inesorabilmente, la cucina nikkei arrivò nei ristoranti, complice anche l’arrivo (anni ’70) dal Giappone di importanti chef ingaggiati dalle multinazionali giapponesi che stavano aprendo fabbriche in Sud America. Oggi questa cucina incredibile è arrivata anche in Nord America e in Europa e sono nati veri e propri brand specializzati nel nikkei.
Ormai comunemente considerato il più celebre ristorante di alta fascia nikkei, ecco il Maido, a Lima, dello chef/artista Mitsuharu Tsumura.
Sono poi nate anche le catene, veri e propri brand. Uno dei primissimi ristoranti nikkei a replicare sviluppandosi attraverso molteplici location è stato Sushi Samba, che ormai è considerato un’istituzione del fine dining e lo si può trovare a Londra, Las Vegas, Amsterdam e Dubai.
Proprio grazie a ristoranti come Sushi Samba e a un viaggio a Miami, nacque l’idea di portare in Italia la cucina fusion al veronese Cristiano Gaifa, fondatore di Zushi nel 2006, il primo brand casual dining in Italia a importare alcuni piatti della cucina nikkei.
Lentamente, quasi 10 anni dopo, sono nati in Italia altri brand dall’impronta nikkei: cito Temakinho (2012), Bomaki (2013) e altre avventure imprenditoriali meno sviluppate.
In questi pochi anni gli italiani hanno dimostrato di apprezzare tantissimo la cucina nikkei e tutte le varianti fusion alla cucina giapponese. La nostra, presunta, mentalità chiusa è stata spazzata via dai colori, profumi e sapori di un misto troipical-minimalista.
Vorrei chiudere con una frase di Chris Ying, Editor in Chief di Lucky Peach:
… la tavola e l’alimentazione ci uniscono, superando confini culturali e politici, perorando la causa della cucina intesa come sforzo collettivo per il futuro dell’umanità.



