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CLOUD, DARK & GHOST

Le cucine dai nomi “oscuri” aiutano davvero i brand a conquistare il cliente?

Sono partito da nomi e definizioni. Dopo diverse ricerche, ho capito che cloud, dark & ghost kitchen non sono esattamente la stessa cosa. Ognuno è un modello di business con caratteristiche proprie, ma con un unico, enorme, comun denominatore: il cliente non c’è.

Ovviamente la mia è una provocazione. Il cliente c’è, ma è a casa seduto nel divano, in ufficio o magari in vacanza. Sicuramente quando parliamo di queste “cucine”, il cliente non è nella sala del ristorante o al bancone per un ordine veloce. Insomma… Il cliente non è fisicamente all’interno delle nostre mura, non è vicino al nostro brand, alle persone che, nel nome del brand, potrebbero servirlo con un bel sorriso, consigliarlo e fargli magari passare venti minuti perfetti.

In queste cucine vengono preparati i piatti che poi sono spediti presso il cliente. In alcuni casi è previsto, al massimo, il ritiro da parte del cliente con il take-away. Magari nella stessa cucina vengono preparati i piatti di più brand/catene, per ottimizzare, condividendo, i costi di affitto e attrezzatura. Occorre conoscere questi nuovi modelli di business, la pandemia Covid-19 ne ha accelerato tantissimo lo sviluppo, facendoli finire sulla bocca di tutti gli operatori del Food-Service.

A questo link troverete un’ottima analisi delle diverse tipologie di “kitchen”.

Secondo Technomic, le vendite tramite “ristoranti fantasma” come quelli descritti, negli States, aumenteranno del 25% ogni anno per i prossimi 5 anni; secondo il portale Allied Market Research, questo mercato raggiungerà un fatturato di $ 71.4 billion entro il 2027!

Oggi, i principali player del mondo, nel mercato delle ghost kitchen, sono Kitchen United, Rebel Foods, DoorDash Kitchen, Zuul Kitchen, Keatz, Kitopi, Ghost Kitchen Orlando, Dahmakan, Starbucks (Star Kitchen) e Cloud Kitchen.

Un post di Kitchen United su Instagram

Fatevi un giro nelle pagine Instagram di questi player: sono bravissimi, sono brand a tutti gli effetti, comunicano – oltre a operare – benissimo. Ma per i miei amati brand della ristorazione il problema potrebbe risiedere proprio qui. Come accade nel rapporto con i grandi player del delivery, il brand tende a scomparire, sovrastato da quello del provider del servizio o scompare tra i tanti marchi presenti in offerta. E badate bene, prima di tutto scompare dalla mente del cliente… Proprio come un fantasma!

Per questo mi piace citare un brand Fast Casual statunitense che penso possa essere un esempio per i brand della ristorazione italiani: Wow Bao. Il brand specializzato in fast Asian street-food (ne parlo qui), ha affrontato i mesi duri della pandemia rafforzando la propria immagine e comunicando con i clienti in un vero e proprio corpo a corpo digitale e, soprattutto, attuando un’occupazione del territorio nordamericano senza precedenti, proprio grazie alle dark kitchen. Si legge, in una nota del brand su Linkedin:

Wow Bao has 72 dark kitchens live throughout the United States; with a pipeline to open more than 200 before year’s end.

A differenza dei toni trionfalistici di Wow Bao, suonano più oscure, dark, le parole di Jonathan Neman, CEO di sweetgreen, noto brand Fast Casual (ne parlo qui):

Fino a quando i lavoratori non torneranno nei loro uffici e le città non riprenderanno il loro vigore, l’industria della ristorazione continuerà a soffrire. Una cosa è certa: costretti a trovare nuovi modi per raggiungere i clienti attraverso piattaforme digitali, cibo da asporto, consegna e persino nelle corsie di generi alimentari, i ristoranti non saranno più gli stessi.

Link: https://www.fastcompany.com/90559672/how-restaurants-can-survive-in-a-stay-at-home-era

Questi nuovi modelli di business, per i brand della ristorazione (dark,ghost e così via), rappresentano una fenomenale ancora di salvezza e occasione di sviluppo. Consentono ai brand di restare in piedi durante un periodo difficilissimo come questo e magari, se capiscono l’importanza di mantenere saldamente in mano la relazione con il cliente, di farsi conoscere da più potenziali “ospiti”.

I clienti, appunto. Gli attori più importanti di tutta questa filiera con sempre più intermediari. Vedono sicuramente soddisfatte alcune esigenze nuove, come gustare un piatto particolare anche lavorando da casa. Come tutte le esigenze, però, una volta appurato che è possibile e facile soddisfarle, difficilmente scalderanno a lungo il cuore del cliente! Non parliamo poi della velocità nel ricevere l’ordine e nemmeno dell’ampia scelta online di cucine specializzate: questi erano requisiti prima, figuriamoci adesso, nel mondo digitale dove detta le regole Amazon!

Il grande lavoro dei brand che, per restare in piedi useranno queste “kitchen”, sarà proprio quello di tenere accesa o accendere la passione dei clienti, nonostante una distanza sempre in aumento e una cacofonia di voci che distrae. Come? Stiamo a vedere…

E poi, lasciatemelo dire, che brutti questi nomi oscuri: cucine fantasma, scure e virtuali… Lavoriamo tutti affinchè diventino cucine vive! Cucine in cui l’anima dei brand respiri nei muri, nelle mani e nelle divise degli operatori, per arrivare dritta al cuore del cliente!

Un ripassino veloce… Ecco qualcuno che sapeva toccare le corde giuste dei propri interlocutori:
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Tag: , , , , , , , , Last modified: Gennaio 2, 2021
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