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GUCCIFEST: EPISODIO 1

La moda in serie: analisi della prima puntata della mini-serie Gucci

Introduzione

Dal 16 al 22 novembre avremo modo di gustarci una vera e propria mini-serie dedicata alla moda, ma non solo. Infatti, Alessandro Michele, direttore artistico della maison fiorentina Gucci, ha deciso di mescolare le carte ancora una volta e, in questo modo, di ripartire da qualcosa che si pensava “concluso” e farlo decollare come il tempo che non finisce mai.

In un intervallo come quello che tutti e tutte stiamo attraversando, A. Michele si è voluto reinventare una volta in più, offrendo qualcosa di originale e mai visto dentro una casa di moda.

Pensavamo che “Epilogue” (collezione di luglio presentata con ben 12 ore di diretta streaming) fosse la conclusione della storia narrata da Michele. Ma si sa, dopo una fine nasce sempre qualcosa di nuovo e così è stato. Il nuovo inizio prende il nome di “Ouverture of Something that Never Ended” ed è lo specchio della collezione primavera-estate 2021.

Cambia il format, cambia tutto: questa volta la creatività di Alessandro Michele si è spinta ben oltre e per questa occasione si è voluta affiancare a Gus Van Sant, regista, sceneggiatore, fotografo, musicista e scrittore di origine statunitense (Elephant, Psycho, Good Will Hunting, giusto per citare alcuni dei suoi film).

Da questa coppia stravagante è nata una mini-serie composta da sette episodi, pubblicati a cadenza giornaliera e alle ore 21 a partire dal 16 novembre fino al 22 novembre nei rispettivi canali quali Youtube, Weibo e sul sito dedicato Guccifest.com.

Una fruizione differente, una narrazione differente che, insieme, toccano le corde della contemporaneità, volendo toccare anche noi, nella nostra più intima quotidianità.

Non più una sfilata in presenza ma nemmeno più una video sfilata digitale; Michele e Gus ci accompagnano all’interno di un film spezzato in sette brevi parti e il viaggio, per nulla banale, ci attraverserà, ci colpirà, ci farà nuotare nell’introspezione e nella poesia di azioni sospese, talvolta così insensate e apparentemente vuote da essere il riflesso perfetto della situazione attuale.

L’evoluzione di Gucci è fenomenale, così come è fenomenale la coerenza che contraddistingue il brand in ogni sua sfaccettatura. Ogni scelta non è casuale, tutto ritorna ai valori che Alessandro Michele ricopre e vuole ricoprire in tutto ciò che fa. Persone, parole, abiti, musiche, ambienti: tutto coincide.

La serie ha come protagonista Silvia Calderoni, attrice e performer che, nella sua immagine androgina, elegante, pallida ma estremamente forte, è impegnata a vivere la sua vita, attraverso azioni spesso senza senso. Nel corso della serie Silvia incontrerà altre persone in diversi luoghi di Roma e nessuna sarà casuale (ovviamente). La vedremo camminare, fare cose, gli abiti del brand la vestiranno e quasi la guideranno, facendola sentire parte di questo mondo che scorre veloce fuori, mentre dentro è un timido andare di azioni sospese.

Episodio 1: At Home | Silvia Calderoni e Paul B. Preciado | Ouverture Of Something That Never Ended

Il Guccifest è ufficialmente aperto, la collezione primavera-estate 2021 parte così col presentarsi al pubblico.

“At Home” è il titolo del primo episodio della serie, ideata dal direttore creativo Alessandro Michele e il famoso regista Gus Van Sant.

Da una finestra aperta entra aria, ossigeno, luce mattutina che riempie l’ambiente di colori pastello e fa muovere le piante in terrazzo e nella strada opposta. Comincia così la giornata: una musica in sottofondo che non resta nascosta, a tratti inquieta e crea un’attesa di qualcosa che mai avverrà. La finestra diventa sempre più lontana e il nostro occhio lentamente si sposta e scopre, secondo dopo secondo, altri angoli di un’abitazione silenziosa, che si appresta ad affrontare una nuova giornata.

La sola presenza dei componenti d’arredo lascia spazio a una prima figura: è una ragazza, cammina, attraversa la stanza, si reca in cucina intenta a fare qualcosa. La sua presentazione coincide con la presentazione della collezione Gucci: abiti d’alta moda fruibili, indossabili da chiunque in qualsiasi contesto; dall’alto al quotidiano, dalla passerella illuminata al parquet di casa, solleticato da un basso tacco nero squadrato e una calza bianca in contrasto tonale.

Poco dopo lo spazio si allarga, l’appartamento pare abbastanza esteso e molto presto entriamo in una stanza dove, ancora per poco, qualcuno occupa il letto sotto leggeri lenzuoli bianchi: è Silvia Calderoni, protagonista di tutta la serie.

Intenta a svegliarsi comincia a stiracchiarsi: il suo pallore si confonde con il lenzuolo ma ci accorgiamo immediatamente del suo outfit, in netta contrapposizione con il candore da lei emanato. Un non-pigiama di pizzo che lascia intravedere un reggiseno ancora più minimal che Silvia, però, cerca di indossare e di fare suo.

Per un momento sentiamo i rumori provenienti da fuori e, in men che non si dica, ci catapultano alla realtà vera, alla vita oltre le mura di casa, alla spensieratezza dei bambini che giocano, al rumore del vento che entra dalla finestra.

Tutto ruota attorno alla quotidianità: Silvia si sveglia, si alza, si reca in salotto quasi galleggiando sulle sue ciabattine dorate e accende la tv come gesto abitudinario. La voce di Paul B. Preciado[1] invade l’ambiente e non è casuale.

“Questa rivoluzione è sull’amore, sui cambiamenti e sui desideri. È una questione di cambiare il desiderio e trasformarlo e tu lo sai, Silvia.”

Preciado si rivolge direttamente a Silvia, la interpella e lei, incredula e sorpresa, ascolta attentamente ciò che lui le sta dicendo, quasi in preda a un sogno illusorio o alla realtà in cui corporalmente sta vivendo.

Tutto appare normale, le azioni riflettono una situazione casalinga in cui “tutti fanno cose”; c’è chi suona all’infinito, Silvia ascolta, vaga stanza dopo stanza, sistema la stanza, si cambia e, all’improvviso, un abito la riporta quasi indietro nel tempo che non finisce mai e che forse, ora, è giusto lasciarlo volare via.

Sulle note di “Therefore I am” di Billie Eilish, Silvia accoglie l’abito, lo tiene in mano come un diamante prezioso, lasciandolo oscillare al vento oltre il terrazzo, per farlo volare subito dopo chissà dove, chissà, forse per ricominciare da capo.

Il volo dell’abito le fa osservare la vita sotto di lei, le persone che a rilento camminano, si sfiorano, fanno parte del suo mondo pastellato ma luminoso, a tratti fermo e illusorio, ma colmo di senso.

Un sorriso le taglia il viso e il campanello suona: cambia la musica, è evocativa, coincide con l’ingresso di un amico (forse?), che nel giro di poco comincia a girare dentro gli ambienti su una bicicletta. Come una visione o un messaggio segreto, Silvia accoglie il ragazzo e lo aspetta varcare le soglie, sorride, lo guarda, si guardano, si scambiano dei baci teneri sulle guance.

Tutto è così surreale da apparire reale ma sospeso e colorato, ossigenato e allo stesso tempo bloccato.

Gli abiti vestono le sagome che galleggiano dentro lo spazio abitativo; decorano, vivono, respirano, indossano contesti veri e non finzioni, guardano il mondo scorrere fuori mentre il dentro li tiene sospesi.

Una collezione che si presenta e colma i vuoti delle azioni, le colora e le cattura: vivere la vita a rilento coincide col sentirsi sospesi e galleggianti, come una boa nel bel mezzo dell’oceano.

Silvia, così, vivrà la sua vita e passo dopo passo ci farà scoprire nuovi spazi, nuove persone e la sua sé più intima.


[1] Paul B. Preciado, nato Beatriz Preciado, è uno scrittore spagnolo. Tratta da sempre argomenti quali la sessualità, la pornografia, la teoria queer e la biopolitica, ma ha studiato filosofia e teoria dell’architettura. Ha dichiarato nel 2015 di aver intrapreso il percorso di transizione. La sua presenza è dunque precisa, puntuale ed estremamente importante, oltre che coerente.  

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Tag: , , , , , , Last modified: Novembre 18, 2020
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