Il drive-through è molto studiato negli Stati Uniti, soprattutto le aspettative e i giudizi dei clienti. Ho letto recentemente una ricerca condotta da QSR Magazine e FoodserviceResults, che ha fatto emergere come i clienti abbiano una relazione emotiva con il brand anche attraverso il drive through. Molti fattori possono far sì che un’esperienza di drive-through vada a finire male, come ad esempio il fatto che ci si senta affrettati con l’ordine, o che ci venga detto di parcheggiare e aspettare. Di seguito un aspetto della ricerca che mi ha colpito, perchè evidenzia alcuni touchpoint importanti della customer experience in questo particolare canale di vendita.
Gabriele Mancosu, Link: https://www.iamacollector.it/2020/12/19/sweetgreen-rilancia/
Ho appena riletto la ricerca sopra citata e approfondendo ho scoperto alcune novità davvero interessanti, che tracciano criteri utili anche alle nostre latitudini, nonostante la decisamente più tenua attitudine italiana al drive-through.
Ecco la classifica dei drive-through più amati dai clienti d’America:

Chick-fil-A genera la maggior soddisfazione del cliente in ogni touchpoint indagato, tranne che sulla disponibilità degli item a menu. Ho così cercato di capire come mai Chick-fil-A è così “più bravo” degli altri nella gestione di questo servizio e quello che ho scoperto è sorprendentemente… banale!
Lo si può rappresentare con questa foto…
Tutto è iniziato qualche anno fa, quando gli operatori e i manager di Chick-fil-A presero atto che i clienti non erano soddisfatti dell’esperienza vissuta nei drive-throughs del brand. Si attivarono subito studiando il comportamento dei clienti e soprattutto intervistandoli.
Le indagini hanno portato a galla che quello specifico canale d’acquisto era molto stressante per i clienti, perché sentivano la pressione degli altri clienti in attesa dietro di loro e molto difficile era l’interazione con i “citofoni” o i monitor in cui inserire in autonomia gli ordini. Quello che accadeva era spaventoso: i clienti, intervistati dopo l’esperienza, giudicavano negativo tutto l’acquisto, dal prezzo alla qualità del prodotto, perché fortemente turbati dall’esperienza stressante vissuta al drive-through.
Chick-fil-A, per risolvere il problema, ha così deciso di eliminare tablet, macchinari e citofoni al drive-through e di inserire degli operatori in carne ed ossa che aiutano il cliente in tutta la sua esperienza. Questi operatori cosa fanno?
- Si avvicinano alla macchina del cliente per aiutarlo.
- Il cliente può far loro domande sulle modalità d’ordine, sul pagamento e tanto altro.
- Terminano ogni interazione dicendo “È un piacere“.
Questa semplice accortezza ha portato il brand in cima alla classifica!
Questa storia ci insegna come il “fattore umano” è sempre determinante, anche oggi, tra pandemia, intelligenze artificiali e tecnologie avanzatissime. Ma ci ricorda anche un’altra cosa davvero rilevante: il cliente tende a ricordare l’esperienza basandosi sul picco di emozioni più forte (buono o cattivo che sia) e su come è andata nella sua parte finale. Gli studiosi chiamano questa “scorciatoia” del nostro cervello “Peak-end rule“.
Per questo conviene sempre chiederci e scoprire in quale momento della loro esperienza i clienti vivono il picco di emozioni e dove davvero finisce la loro esperienza d’acquisto… e agire di conseguenza!



